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Questo lavoro di ricerca nasce da una lunga e profonda analisi interiore condivisa con il mio Maestro, sua Grazia Shrii Shrii Ánandamúrtijii. In questi tempi di forti sconvolgimenti e di purificazione, vuole essere una piccola offerta al mondo, affinché gli uomini possano trovare la via da seguire.
La comunità indiana dei sikh, con la sua storia di oltre 500 anni, ha sicuramente molto da insegnarci! Fin dai tempi di Guru Nanak, questo movimento devozionale o Bhakti, in lingua sanscrita, ha protetto l’India sia dall’invasore islamico, che attraversava i suoi con ni, sia dal sistema delle caste che vigeva al suo interno.
Il sikhismo è permeato da un senso di sacrificio, volto a proteggere il Dharma, ovvero la ricerca del divino nella propria interiorità. Tale ricerca viene denominata Átma Sáśátkára, ossia la conoscenza e la realizzazione del Sé.
Il movimento divenne militante a partire dal decimo Guru, Guru Gobind SIngh. Fu proprio Guru Gobind che, insegnando ad Aurangzeb che la virtù è più potente della spada, determinò l’inizio della caduta dell’Islam. Il profondo amore che i sikh dimostrano al proprio Guru è indubbiamente un grande insegnamento per tutti. Innanzitutto i suoi seguaci rispettano la lingua punjubi, usata dal Maestro, ed obbligano le proprie comunità ad apprenderla e a diffonderla. Inoltre, in segno di devozione, raccolgono la polvere dai piedi di coloro che visitano il Gurudwara ossia la dimora dei Guru.
Quando si parla di Islam, vengono in genere sollevate diverse obiezioni ma nonostante tutto ciò che può essere detto contro questa religione, io personalmente ammiro la devozione mostrata dai suoi adepti nei confronti del proprio “Precettore”. In qualunque parte del mondo si trovino, la prima lingua che insegnano ai loro gli è l’arabo, ossia la lingua parlata dal Precettore e solo in seguito permettono loro di imparare altre discipline.
Dobbiamo prendere esempio da queste persone e cercare di rispettare la lingua bengali parlata dal nostro Guru perché, dopo lunghi ed approfonditi studi, ho compreso le ragioni per le quali il nostro amato Maestro ha caldamente consigliato a tutti i suoi seguaci di apprenderla. Quando si legge uno dei libri scritti da Baba, tutto diventa chiaro: ha scelto la lingua bengali innanzitutto perché possiede un vocabolario che è per più del 92% sanscrito ed inoltre la regione rarh è considerata il punto di inizio del processo di civilizzazione. Io spero, quindi, in un futuro che possa veder realizzata tale verità e che sappia onorare la creazione del Maestro di una civiltà unita dalla lingua bengali. Questo sarà il modello secondo il quale il mondo intero potrà operare una rivoluzione culturale simile, ciascuno all’interno del proprio gruppo sociale.
I quattro Dadhiici1, che hanno offerto la propria vita per l’ideale del Maestro, avevano conquistato l’accesso a questa grande realtà attraverso il servizio, il sacrificio e la disciplina spirituale o sádhaná. Con il massimo rispetto e con il mio più grande amore, io rendo umilmente omaggio a quelle anime elevate, offrendo in dono questo piccolo lavoro.
Samája è la forma senza forma ovvero l’incarnazione dei suoi più alti ideali.
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